• Tanto si è scritto sul Sessantotto e, più in generale, sul periodo degli anni Sessanta e Settanta. Trovo che l’autore, però, sia riuscito a elaborare una trama personalissima e a trovare una chiave per rendere il suo scritto originale e per nulla scontato. Questa chiave si chiama autenticità. “I cervi non muoiono mai”, infatti, non è una retorica apologia del passato né un romanzo storico sugli anni di piombo, ma una narrazione che lascia trapelare il cuore di chi scrive.
• La storia risulta emozionante, i personaggi credibili e ben delineati anche dal punto di vista psicologico.
• Le descrizioni, in particolare, sono uno dei punti di forza della scrittura di Sergio Clerici, che riesce a restituire una geografia precisa dei luoghi, talora unita a uno sguardo romantico e sognatore. Milano diventa, così, al pari della natura selvaggia, incontaminata e indifesa del capitolo finale, un ulteriore personaggio della storia, un personaggio amato dall’autore: di lei percorriamo le strade, viviamo i quartieri, ci soffermiamo davanti alla sua bellezza elegante e austera.
• L’uso del dialetto che caratterizza soprattutto la madre di Sandro (il dialetto come lingua delle classi sociali più umili) contribuisce a rendere verace e vivo il rapporto con l’ambiente in cui si svolgono le vicende narrate.
[Aprile 2024]